L’Italia aveva l’obbligo di considerare il fattore energia come una delle leve essenziali per ripensare la politica industriale, e al contempo dare evidenza alla propria politica estera. Ed è con questa accezione che deve essere letto il contributo all’interno del G7 in Puglia del Piano Mattei, il provvedimento più importante del Governo Meloni proprio in politica estera. Se il G7 ha evidenziato la capacità del Governo di interpretare per primo i cambiamenti radicali della geopolitica, mettendo a confronto il Nord e il Sud del mondo, le indicazioni del Piano Mattei hanno tracciato la direzione da percorrere su questioni che ieri dividevano l’Europa dall’Africa e anche da molti Paesi del Sud America come il Brasile, e che oggi invece costituiscono quel collante necessario per rafforzare la cooperazione tra gli Stati.

L’Europa, ancora pienamente inserita nelle catene del valore globali, non possiede fonti energetiche proprie. Il conflitto ucraino, del resto, è servito proprio per portare in superficie la debolezza europea sull’autonomia energetica.

E l’Italia, nonostante le estrazioni di idrocarburi al palo e senza centrali nucleari, è stato il paese più veloce ad adottare contromisure adeguate, grazie all’abile tessitura geopolitica dell’esecutivo, rafforzata dal peso di Eni, Enel, Snam e Terna.

La conferma c’è stata con le tensioni in Medio Oriente, che non hanno impattato affatto sui progetti italiani in corso di realizzazione in Tunisia, Algeria, Libia ed Egitto.
La posizione e la percezione dell’Italia, insomma, si sono modificati radicalmente, e oggi il nostro Paese ambisce ad essere l’hub energetico europeo nel Mediterraneo, grazie ai gasdotti in Adriatico e nell’Italia centrale, i rigassificatori a Ravenna e Piombino, i cavidotti con l’Africa e l’eolico offshore in Puglia.

La scelta di sostenere con il Piano Mattei anche un progetto specifico per rafforzare il ruolo dell’Italia (e dell’Europa) nel Mediterraneo attraverso interventi di qualificazione professionale in Algeria, Mozambico, Egitto, Repubblica del Congo, Etiopia e Kenya, ha trovato la propria consapevolezza strategica nella necessità di definire la credibilità e l’autorevolezza italiana proprio all’interno di un’area tornata rilevante negli scenari geopolitico e logistico.

Se il G7 pugliese ha avuto un merito, quindi, certamente questo va ascritto alla capacità di costruire un inedito luogo di confronto tra aree del globo che faticavano a dialogare, nel quale il tema dell’energia è stato affiancato dall’impegno per promuovere lo sviluppo dei Paesi più deboli, ribaltando la narrazione di un Occidente predatore, il presupposto culturale intorno al quale Cina e Russia avevano costruito la loro ascesa in Africa. Con la Francia oggi ridimensionata, in un’ottica di contenimento della Cina, della Russia e della Turchia proprio nel Mediterraneo, l’Italia è l’interlocutore più credibile per gli Stati Uniti, la Nato e l’India.