La politica estera, osservava Luigi Sturzo, è la chiave della politica interna e della politica economica. Le influenze e la qualità delle relazioni che si costruiscono presidiando la politica estera, infatti, hanno delle inevitabili ripercussioni sulla gestione degli affari interni di uno Stato, e non ultimo sui suoi bilanci.
E in un sistema globale sono proprio i bilanci ad essere condizionati sempre di più dalla volatilità dei mercati e dai giudizi (alcune volte affrettati e non esenti da speculazioni) delle agenzie di rating, e dal fattore reputazionale di un paese.
Il provvedimento più importante del governo in politica estera, il Piano Mattei, l’approccio complessivo dell’Italia alla gestione del tema energia e la conferma dell’Atlantismo, hanno influito positivamente sulla qualità delle relazioni con gli Stati Uniti, la Nato e l’Europa, che hanno dovuto riconoscere la strategicità del progetto all’interno del Mediterraneo, tornato al centro dei traffici marittimi internazionali, e al contempo registrare il peso dell’Italia in quell’area.
Quando Meloni ha sottolineato che il Piano Mattei ha un respiro internazionale, e che dovrebbe andare oltre anche la durata di questo governo, ha nei fatti lanciato l’amo al campo largo, manifestando l’auspicio che su alcuni punti fermi, com’è appunto la politica estera, pallino della Democrazia Cristiana ma anche di Bettino Craxi, ci possa essere la più ampia condivisione e si possano superare le posizioni di parte.
Per ripensare la propria politica industriale, e contestualmente dare evidenza alla propria politica estera, l’Italia aveva l’obbligo di considerare il fattore energia come una delle leve essenziali per diventare influente a livello geopolitico.
Se il G7 in Puglia ha evidenziato la capacità del governo di interpretare i cambiamenti radicali della geopolitica, mettendo a confronto il Nord e il Sud del mondo, le indicazioni del Piano Mattei hanno tracciato la direzione da percorrere su questioni che ieri dividevano l’Europa dall’Africa e anche da molti Paesi del Sud America come il Brasile, e che oggi invece costituiscono quel collante necessario per rafforzare la cooperazione economica, sociale e di istruzione tra gli Stati, destinata a produrre riflessi anche di ordine pubblico, come nel caso della dimininuzione degli sbarchi.
Adottare contromisure adeguate alla crisi del gas russo non era affatto facile, soprattutto per un paese senza centrali nucleari e con le estrazioni di idrocarburi al palo.
L’abile tessitura geopolitica dell’esecutivo, rafforzata dal peso di Eni, Enel, Snam e Terna, ha aumentato il profilo internazionale dell’Italia, come segnalato anche dai recenti encomi della rivista americana Politico e del Financial Times al presidente del Consiglio e al ministro dell’Economia Giorgetti.