Il riconoscimento da parte della Nato del fronte sud al vertice di Vilnius del luglio 2023, aveva preceduto di qualche giorno l’accordo sulle politiche di immigrazione e sugli investimenti in politica energetica (leggasi Terna) tra il governo italiano, quello tunisino e la Ue, l’incontro riservato tra il presidente del Consiglio Meloni e il Segretario Generale della Nato Stoltenberg e la grazia del presidente egiziano Al Sisi a Zaki.

Tra questi eventi si devono collocare il bilaterale con la Germania, nel quale Meloni è stata abile ad integrare le questioni migratorie con i temi di politica energetica e industriale, e la proposta del governo italiano alla Ue di istituire un’unica Zona Economica Speciale a fiscalità agevolata per il Mezzogiorno, una decisione che avrebbe rafforzato la presenza dell’Italia nel Mediterraneo.

Ad un anno di distanza la scelta del premier Meloni e del ministro Crosetto di portare in dote al vertice americano della Nato un miliardo di euro di nuovi investimenti militari, va nella direzione di rafforzare l’attenzione italiana verso il fronte sud in un momento decisivo perchè dovranno essere individuate le sedi del coordinamento Nato per il fronte est, per quello ucraino e appunto per quello meridionale.

La mossa del governo italiano, inoltre, è servita sotto il profilo industriale per ribadire l’impegno dell’esecutivo nella ricerca, ma anche per superare le critiche al mancato raggiungimento della soglia del 2% del Pil.

Il coinvolgimento strategico diretto della Nato sul fronte sud proietterebbe l’Alleanza Atlantica verso la connessione tra il Mediterraneo e l’India attraverso la penisola arabica, già unita con Israele attraverso gli Accordi di Abramo sostenuti a suo tempo da Trump.

L’articolazione di questo complesso sistema di relazioni avrebbe dei riflessi geopolitici non solo sul piano della sicurezza e degli investimenti militari, ma anche sulla capacità degli Stati Europei di essere più coesi e meno dipendenti dagli Stati Uniti.

Ad oggi, infatti, l’unica difesa europea comune è rappresentata dalla Nato ed è probabile che gli Stati Uniti concentreranno i propri sforzi in prevalenza sul Pacifico.

Il governo italiano è nella posizione ideale per sostenere una forte interazione tra il Mediterraneo e l’Indopacifico attraverso l’Africa, dove l’esecutivo ha la necessità di irrobustire il piano Mattei guardando anche al Mar Rosso, per sostenere la ripresa delle conversazioni tra la Nato e le nazioni sunnite del Golfo, cominciate nel 2004 a Istanbul.

A prescindere dall’esito delle elezioni americane in chiave di sicurezza è fondamentale promuovere un intervento che vada a rafforzare le relazioni tra Arabia Saudita ed Emirati. L’Italia è pertanto nelle condizioni di recitare un ruolo di garante all’interno di questa ampia area, di cui fa parte anche Israele.

E con la Francia oggi ridimensionata, in un’ottica di contenimento della Cina, della Russia e della Turchia, l’Italia nel Mediterraneo allargato è l’interlocutore più credibile per Stati Uniti e Nato.